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Notícies :: fòrum 2004
Barcellona città aperta: un progetto contro il Forum 2004
21 mai 2004
Testo dell'associazione di architetti Pilar Prim, pubblicato nell'agosto 2002, di fronte alla spaventosa prospettiva che si delineava all'orizzonte, il Forum 2004. Ora che il Forum è iniziato, può essere interessante rileggere questo articolo, che formula una proposta alternativa al Forum 2004.
Alcune idee per il Forum 2004: un progetto.

Sono passati già alcuni mesi dalla Grande Crisi del Forum 2004, e sembra che l'unico rimedio che si è cercato di applicare sia stato il prefabbricato. I lavori continuano, e l'indefinitezza dei contenuti anche. Non prendiamoci in giro, ancora nessuno sa cos'è, o peggio, cosa dovrà essere, il Forum. Dividere il suo contenuto in aree e nominare diversi responsabili non fa altro che mostrare la portata reale di questa crisi. È una situazione che si può illustrare con una domanda: Cosa sarà il Grec 2004 [Il Grec � un importante festival di teatro di Barcellona]. Ci facciamo la domanda perché sembra che il Forum consistirà in un paio di esposizioni e in un Grec più grande. Un Grec che avrà bisogno di enormi edifici di cui quello attuale non ha bisogno. Invece, i contenuti che ci dicono che il Forum dovrà avere, sembrerebbe più adatto discuterli in luoghi che la comunità internazionale già possiede e utilizza.

Se Barcellona è stata spesso presentata come un laboratorio urbanistico in cui si sono potuti sperimentare modelli formali di città, adesso crediamo che sia arrivato il momento di sviluppare il problema in un altro campo. Ci sembrerebbe più adatto che i contenuti di questa riunione si dedicassero a trattare i problemi della vita nelle città. Barcellona li ha tutti, ed è pertanto un luogo adatto per parlarne.

Pilar Prim crede che il difetto del 2004 sia doppio: ha troppa architettura e gli manca radicarsi nella vita. Crediamo che in un mondo in cui la crescita delle città è inarrestabile, sono i suoi problemi quelli che in grande misura definiscono i parametri della nostra vita, della pace e della sostenibilità.

Proponiamo, come sostituto al 2004, organizzare una "città aperta" che non ha bisogno né di equilibrismi nella definizione dei suoi contenuti, né delle mega-costruizioni previste. Il suo contenuto è la sua stessa celebrazione, e il suo scenario non è altro che la città intera, ridefinita da un quadro unico e irripetibile nel quale si modificheranno alcune caratteristiche. La nostra proposta consiste di tre punti: l'eliminazione del traffico di veicoli privati, la assenza di programmazione televisiva durante la sua celebrazione, e l'uso di qualunque spazio di riunione esistente oggi nella città per realizzare le attività sopracitate.

Partiamo dal fatto che una "città aperta" dev'essere un'esperienza urbana e cittadina e che perciò l'iniziativa deve sorgere dalla città che applica a se stessa ciò che predica, ossia, che si riunisce e parla. Crediamo che si deve evitare di prendere come referenti eventi mediatici, sportivi o culturali, come olimpiadi o capitali culturali, che lasciano, dopo le celebrazioni, residui che alterano irrimediabilmente il paesaggio urbano creado sacche vuote comparabili a parchi tematici o centri commerciali.

Cerchiamo di immaginare la nostra città senza traffico privato durante l'evento. Immediatamente le distanze e gli spazi pubblici prenderanno dimensioni e usi diversi. Scopriremo che le strade e le piazze non sono solo i luoghi attraverso i quali circolano e parcheggiano le macchine. Scopriremo anche una relazione diversa con il caldo, con il freddo o con la pioggia.

Cerchiamo di immaginare una città in cui le notizie si cercano per strada, in cui per esempio i telegiornali si possono seguire nella sala d'atti di un museo o in una grande sala di un cinema. Pensiamo alle nostre case, nelle nuove relazioni familiari che nascerebbero senza l'esistenza del televisore o nell'occasione di riflettere in modo diverso sulla società dell'informazione e della sua relazione con la città.

Cerchiamo di scoprire nella nostra città l'immenso numero di locali di riunione che già abbiamo a disposizione. Associazioni private, auditori pubblici, colleggi professionali, scuole, università, case occupate, teatri, cinema, bingos, fabbriche, e un lunghissimo eccetera, senza contare gli spazi religiosi, le discoteche, le caserme, o le stazioni ferroviare abbandonate, che possono essere usate facilmente, segnalandole, dotandole dei mezzi sia umani che tecnici per permettere riunioni di gente venuta da posti diversi, con costumi diversi, con religioni diverse, che parlano lingue diverse, e, soprattutto, che hanno idee diverse su cos'è la cultura.

I temi da trattare saranno quelli suscitati dalle nuove condizioni in cui sarà immersa tanto la vita nella città come la città stessa e le attività che si svilupperanno in essa. Queste attività non avranno bisogno di nessun edificio particolare, né di nessuna nuova area specifica, perché useranno quello che già abbiamo, distrubuendosi pertanto in modo omogeneo per la città, visto che sarà Barcellona stessa ciò che emergerà da tutto ciò.

Non si tratta né di un consiglio né di uno slogan: si tratta di un progetto. Che nessuno pensi che le conseguenze di questo Forum saranno motivo della rovina della città. Tutti i progetti hanno bisogno di un equipe umana e di un lavoro che li renda possibili, solo che in questo caso applicato a ottenere che non si emetta per televisione e che si elimini il traffico privato dalle strade invece di costruire nuovi edifici. Bisogna localizzare i problemi, cercare le soluzioni, valutare i costi, cercare i finanziamenti, fare pubblicità all'idea e concretare il calendario.

Questa "città aperta" potrebbe celebrarsi, per esempio, nell'anno 2003, o magari nel 2005. Assolutamente non nel 2004. Da una parte, se decidessimo di discutere sui problemi della vita nelle città, la cosa migliore sarebbe farlo quanto prima, però dall'altra non crediamo che sia conveniente compromettere qualunque azione futura di Barcellona con l'operazione 2004, data troppo vicina che obbligherà - se veramente vorrà compiersi - ad arrivare ad essa tirando fuori le forze dalla debolezza. La Barcellona che ci propongono per dopo il 2004 sarà una città estenuata e senza capacità di reazione davanti al futuro. Inoltre, l'operazione 2004 per come si sta presentando fino ad ora, definisce una nuova concezione del colonialismo per questo nuovo secolo XXI, che è il colonialismo culturale: il peggiore che oggi possiamo proponere se vogliamo andare avanti nell'approfondimento della democrazia, della pace e della solidarietà.

Una città capace di organizzare questa "città aperta" si vedrà ricompensata con la visita di migliaia di persone di tutto il mondo che verranno a vivere l'esperienza e che vorranno provare se iniziative come questa non dovrebbero ripetersi anche nelle loro città d'origine; dimostrando con ciò che gli strumenti dell'architetura non sono sufficienti per risolvere i problemi della vita nelle città.

Pilar Prim, agosto 2002
http://barcelona.indymedia.org/front.php3?article_id=25554
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